Ballate della violenza – Pier Paolo Pasolini


I

Io sono un debole, non lo sa nessuno.
C’è una Forza, io la eleggo a sola
forza del mondo: Dio. La mia storia,
la nostra storia, è soltanto un fumo.
Per il nemico non posso avere amore.
democratico, sei un debole uomo,
e, per mano mia, sarai vinto:
dovrà tacere in te l’atroce istinto
alla libertà. Forse avrai da Dio perdono
da me no: io uccido, non convinco.

II

Io sono un nano, e non voglio saperlo.
C’è una grandezza, e in essa mi identifico.
La grandezza è la patria. Mi magnifico
in essa, lapide sopra il mio inferno.
Non ho odio pel nemico, io: ne ho schifo.
Sei un nano, democratico! Io, io,
io so, io ho la luce: tu no.
Per questo io ti impiccherò,
sacrilega coscienza del mio
amore per la grandezza che non ho.

III

Io sono un mediocre, e non c’è prova.
Per questo è sublime la mia idea
della Famiglia, l’umile epopea
del corso increato che mi giova
ogni giorno. Ho disprezzo per chi crea.
Tu sei mediocre, democratico!
Per questo, se ne ho l’ordine, ti ammazzo.
Eh già! uno del plotone, uno del mazzo!
La finirai di fare il fanatico
idealista, ti leverai del c….!

IV

Io sono un fallito: posso ammetterlo?
No, certo! Perciò con la paglietta
di traverso, compio la vendetta
con umorismo, con umiltà dialettica:
so l’Ideale, e detesto chi lo infetta.
Quanto a te, democratico fallito,
guarda che io, scherzando, so sparare:
reduci dai fronti d’Oltremare,
là dove tu, vigliacco, ci hai tradito,
posso uccidere in te l’Anti-ideale.

V

Io sono anormale, e, saperlo, non devo.
Isterico e ricattatore mi richiamo
alla Norma. Quanto più mi allontano
da me, in un cursus honorem ch’è sollievo
tragico, tanto più ripudio ciò che amo.
La tua diversità, democratico, è anormale:
io ti condanno alle buie zone
della schizofrenia, nella mia funzione
di Magistrato o Uomo d’Ordine: tremare
devi, tremare! tu, scandalo e passione.

VI

Io son o un servo: ma dirmelo è reato.
E chi può entrare nella mia coscienza?
Un servo è un mistero: vive senza
vita, fin da piccolo: figlio dedicato
all’Autorità, per antica obbedienza.
So che tu sei, democratico, un servo,
un servo d’altri idoli o nazioni.
Non crederai che io te la perdoni!
Un servo umile uccide quello superbo:
aspetta solo un cenno dei padroni.

VII

Io sono un decadente, e lo rifiuto.
C’è un livello stupendo, dove canta
il soldato, e la massaia è santa:
il livello dove splende la salute:
Chi non è sano rovina la pianta.
Marcio democratico, col bisturi
ti resecherò come cancrena:
dolce è la pianta de la vita serena
e tu co’l negar tuo lo rattristi.
Sì, ti schiaccerò: D’Annunzio insegna.

VIII

Io sono un mite: ma ne ho il pudore.
Fin da ragazzo nella mia cittadina
di provincia, la mia era una vita bizantina.
E così oggi che sono professore:
Il Conformismo è la mia medicina.
Democratico, illuso conformista
di altre idee, tu sei un me stesso
rovesciato, ma ugualmente ossesso.
Perciò ti ucciderò, quasi per mistica
elelzione, Pindaro buffone del progresso!

IX

Io sono un immorale, e lo nascondo.
Con questo vizio, benchè nato bene
– nonni ex leoni e nonne ex iene,
perciò padre ricco – son venuto al mondo.
E’ la Morale, così, che mi sostiene.
Democratico, che tu sia immorale
mi pare ovvio, dato che tu critichi
la mia morale. Ti si deve azzittare,
vai condannato ad un carcere a vita:
e lì magari diventa immortale.

X

Io sono un porco, ma privatamente.
Piccolo borghese, una posizione
discreta, certamente! Diciamo generone,
con negozio al Tritone…Per frenare la gente
occorre il Buon Costume: è mia convinzione.
Porco democratico, stai attento!
‘Na cortellata in panza, si sta poco
a dartela, zozzone: col fuoco
non si scherza, non c’è argomento
pel piccolo borghese: il gioco è gioco.

XI

Io sono un povero, e ne sono umiliato.
Odio la povertà, e covo, traditore,
la religione del Possesso in cuore.
Attendo il giorno che sarò rispettato,
fuori dagli altri, fuori dalla storia.
Anche tu, democratico, sei povero:
perchè mi togli l’interiore speranza?
Ma il popolo sa il pericolo che avanza:
vai liquidato, tu e le tue nuove
filosofie: noi ci teniamo all’ignoranza:

XII

Io sono un capitalista, e lo so.
Deboli, nani, mediocri, falliti,
anormali, servi, decadenti, miti
immorali, porci, miseri: li do
al tuo Brecht, nuove maschere politiche.
Democratico classista, tu che sai
che non sanno ciò che sono, e sono
ciò che non sanno, non avrai perdono:
in qualche nuovo Buchenwald morrai,
fetide ossa senza luce e nome.

Bestemmia, Poesie disperse

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